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La Corte di Genova ha poi evidenziato: che, nel momento in cui la figlia spedì al padre la missiva con cui gli chiedeva di lasciare la casa, la consorte aveva già cominciato, da qualche mese, l’iter di separazione individuale con addebitamento; e che in sede di misure di tipo provvisorio, emesse all'udienza presidenziale di separazione il giorno il 10 dicembre 1997, la residenza familiare fu data alla moglie appellante.
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Per la cassazione del verdetto della Corte d’appello il C.G. ha avanzato ricorso, con atto reso noto il 22 settembre 2005.
L’avvisata ha presentato un controricorso. Nell’imminenza dell'udienza il richiedente ha consegnato una rappresentazione illustrativa. Diritto 1. - Con la prima motivazione (infrazione e falsa attuazione dell'art. 801 cod. civ., in rapporto all'art. 360 c.p.c., n. 3), l’appellante afferma che, avendo la ricevente invitato il donatore ad abbandonare la casa oggetto della generosità, gli estremi dell'ingiuria grave non sarebbero fermati dalla stima dell’esistenza delle ragioni che convinsero la figlia a presentare la diffida.
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L’istanza di trasferimento del padre, non provvisto di idonee entrate e di risoluzioni abitative, dalla villa donata sarebbe, di per sè, ingiuria grave, e non sarebbero ammesse letture leggittimatrici in grado di annullare il disvalore etico.
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La motivazione e’ senza fondamento. L’ingiuria grave pretesa, ex art. 801 cod. civ., come requisito fondamentale per l’annullabilità di un’offerta per irriconoscenza, pur prendendo a prestito dal diritto penale il suo senso tipico e l'identificazione del bene danneggiato, nondimeno si allontana dalle prescrizioni degli art. 594 e 595 c.p. e consta in una condotta passibile di nuocere in modo considerevole il patrimonio etico del donatore e significativo di una effettiva emozione di ostilità da parte del ricevente, tale da far rivoltare la coscienza comune
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Di questa norma ha fatto adeguata realizzazione la Corte del merito, nel momento in cui, con razionale e giustificata valutazione di tutte le condizioni della fattispecie, ha estromesso che vi siano gli estremi di tale figura di irriconoscenza nella condotta della figlia ricevente, che, dinanzi sopraggiunta non accettabilità della coabitazione tra i due genitori e nel giudizio pendente di separazione individuale con addebitamento attivato dalla madre, aveva convocato il padre, con una missiva formale, ad abbandonare la casa di suo possesso, comprata con i soldi avuti dalla generosità paterna e della madre, riservata a residenza familiare.
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Una tale condotta, invero, è stata correttamente considerata dalla Corte d’appello non come espressione di un comportamento di disprezzo delle qualità etiche del padre donatore o di mancanza di riguardo rispetto ad essa, nè come un attacco ostile discordante con il senso di gratitudine e di sostegno che, secondo l’etica collettiva, deve caratterizzare la condotta della figlia ricevente; ma come presa di coscienza, da parte di essa, della rottura tra i suoi genitori, dovuta al loro allontanamento e indifferenza spirituale, e, dunque, del sopraggiungere di una situazione tale da rendere inconciliabile, in tale stato, la continuazione della vita comune di entrambi i donatori nella casa comprata con i soldi avuti come atto di generosità.
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Il secondo strumento notifica carente e manchevole giustificazione. La Corte d’appello non avrebbe valutato tutte le condizioni della fattispecie, ossia: (a) che il C.G. era sprovvisto di entrate idonee e di soluzioni abitative in alternativa; (b) che la villa donata, essendo costruita su più piani, avrebbe permesso al medesimo di proseguire la sua vita in un'altra area della stessa, sebbene lontano dalla moglie; (c) che la casa della villa abitata dal donatore era stata fittata a terzi.
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