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La Cassazione quindi, ha considerato di non ampliare per attinenza in bonam partem la motivazione di non perseguibilità di cui all’art. 384 co.2 c.p. agli specialisti elencati nell’art. 200 c.p.p. estromettendo allo stesso modo l’eventualità di un’applicazione di natura estensiva della disposizione.

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Sarà dovere del legale notificare al magistrato la propria decisione di testimoniare o meno su quanto conosce.

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Tuttavia, in dettaglio, la Corte non ritiene che il segreto di professione contestabile dal legale è pur sempre messo a protezione del proprio cliente e che dunque, come si presume l’invalidità per la testimonianza del parente stretto non informato circa la possibilità di rinunciare, allo stesso modo dovrebbe invalidarsi con la stessa pena la comunicazione dell’avvocato (non informato della facoltà di contrapporre il segreto di professione) che possa danneggiare gli interessi del proprio assistito essendo corrispondente la ratio che ispira gli artt. 199 e 200 c.p.p.

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Il danno all’accusato può discendere sia dalla affermazione del parente che dalla deposizione del legale il quale, proprio in forza del mandato ottenuto, può sapere dati la cui diffusione sia dannosa per il suo cliente.

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E' illecito il "sequestro" di pc e telefono cellulare al cronista che voglia tutelare le sue "fonti"!

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Un cronista detiene il diritto giuridico di tutelare le sue fonti: quindi, rispetto a una requisizione di tipo probatorio di computer e cellulare, rivolta a un "reporter" specialista, il magistrato deve proseguire ad un attento e rigido equilibrio fra l’obbligatoria verifica degli eventi e delle responsabilità e l’esigenza di tutelare il diritto del cronista a difendere le proprie fonti, considerando che i confini legali entro cui la magistratura è autorizzata a effettuare azioni di ingerenza lecite sono manifestati dal senso dell'articolo 200, comma 3, del c.p.p. in base a cui il magistrato può intimare al cronista di definire la fonte delle sue notizie soltanto se la divulgazione sia necessaria per la dimostrazione del delitto per cui si opera, riferendosi a eventi particolari in merito a cui nasce l’azione inquisitoria, e non soltanto rapportabili all'intangibile "nomen iuris", e se le informazioni non possono essere verificate con altri mezzi.

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